"I 'garimpeiros' uccideranno gli indios isolati nell'area Yanomami"

Davi Kopenawa

“Quando Davi Kopenawa lascia la sua casa, significa che qualcosa sta andando storto”. Con questo titolo, "The Guardian" raccontava nell’ormai lontano giugno 2009 – lontano per i tempi della politica occidentale e se si considerano i passi enormi e devastanti compiuti da Bolsonaro da quando ha preso il potere due anni fa, ma non così tanto da farci dire che il problema sia nato con lui – l’arrivo a Londra dello sciamano Yanomami per denunciare il continuo assalto alle terre del suo popolo da parte di cercatori d’oro, tagliatori d'alberi, allevatori e agricoltori. E la cosa più sorprendente è che quella raccontata nell’articolo faceva seguito a una prima visita vent’anni prima. In seguito a quella denuncia, il Brasile riconobbe al popolo Yanomami un’area grande come il Portogallo. In altri termini, quella raccontata in questa testimonianza, è una storia che si ripete per lo meno da quarant’anni, con tutte le accelerazioni che il bolsonarismo ha imposto a questo processo.

Autore con Bruce Albert (co-traduttore di questo articolo dallo Yanomami con Laura Greenhalg e Manuela C. da Cunha) de "La caduta del cielo", (Nottetempo Editore, 2018) Davi Kopenawa è un intellettuale sciamano della foresta amazzonica. Eliane Brum ha ripreso questa testimonianza per El Pais Brasil, preceduta da un’introduzione connotata dalla sua solita intelligente e soprattutto militante attenzione al tema, come già è stato riportato nelle pagine del blog di Transglobal, sottolineando i pericoli di genocidio che corrono i popoli indigeni più isolati.

In questo articolo, viene lasciato spazio solo alla preziosa testimonianza di Davi Kopenawa e alla forza delle sue parole (SR).

 

 

Le cose stanno così. Adesso i bianchi non vivono più lontani da noi, Non smettono di avvicinarsi. Nella città di Boa Vista, sono diventati molto numerosi, aumentano senza pausa, e adesso si sostengono a vicenda. Dicono: “Sì, andiamo a prenderci ibeni prezioni della terra degli Yanomami. Sono beni che non rappresentano ancora realmente una merce, ma sono beni preziosi, nascosti sotto la crosta della terra. Ci andiamo a predenre questa ricchezza e anche gli alberi della foresta e ci installiamo nello Yanomami”.

Questo è quello che i bianchi si dicono tra di loro ed è il modo in cui si incoraggiano a vicenda: “Venite a Boa Vista! Io, governo di Roraima, vi darò lavoro! Non saranno mai più poveri!” Ecco le loro parole. E con quelle parole vogliono scambiare i loro soldi e le loro merci. Così, i bianchi, tutti i bianchi, non smettono di fissare il loro sguardo sulla nostra foresta per tentare di prendersela. Dicono: “Sì, andiamo a fare soldi dalla foresta. Gli Yanomami non sanno niente, quindi quella ricchezza è nostra”. Questo dicono i bianchi per incoraggiare i loro lavoratori a venire nella foresta. “Sì, potete andare! Non abbiate paura! Gli Yanomami sembrano tanti, ma in verità siamo noi che siamo numerosi! Anche se loro colpiscono alcuni di noi con frecce, continueremo a essere molto numerosi!”

 

Con questi discorsi, loro sono aumentati, e da tutte le parti, nella foresta, nei fiumo, negli altopiani. Voglino l’oro. Con l’aumento del suo valore, loro aumentano sempre più. Pesarono: “Sì, il valore dell’oro adesso è molto alto. Andiamo tutti nella terra degli Yanomami!” E’ in questo modo che si sono addentrati nella foresta da ogni lato, usando i fiumi, le piste, gli aerei e gli elicotteri. Ecco come stanno le cose oggi. Hanno aperto le porte d’ingresso attraverso i fiumi e il cielo. Hanno disboscato per fare piste di atterraggio da tutte le parti. Hanno disboscato anche per fare nuove piste nella foresta. Nel bacino del Rio Apiaù, è da lì che arrivano in grande numero. Anche dal Rio Parimiù. Vennero espulsi da là, ma tornarono ancora più numerosi! C’è anche un’altra pista che sale lungo il Rio Catrimani.

Usando la pista del Rio Apiaù, si avvicinano al lugo dove vive il gruppo isolato Moxihatetea. Alla sorgente del Rio Apiaù, dove vive questo popolo isolato, hanno cominciato ad aggredire e distruggere la foresta e i suoi fiumi. All’inizio, lavoravano a mano, ma ora usano macchine. Fanno scendere i pezzi di queste macchine da un elicottero, per poi montarli lì. E’ così. I Moxihatetea stanno attenti e vogliono restare lontani dai bianchi. Non conoscono i garimpeiros e non vogliono che si avvicinino. Quindi, sono già fuggiti molte volte. Ma adesso non possono più fuggire. Inizialmente, si rifugiavano nel profondo della foresta, lontani dalle piste, in accampamenti provvisori, allo stesso modo di quando erano in spedizioni di caccia, lontani da casa. I garimpeiros hanno così cominciato a rubare il cibo dai campi – la mandioca, le banane, le canne da zucchero, quando le loro riserve di riso, farina e scatole di conserve erano finite. Così, i guerrieri Maxihatetea li attaccarono con frecce, ma i più violenti dei garimpeiros si vollero vendicare sparando con fucili. Considero molto sbagliato quello che è accaduto con i Moxihatetea isolati.

 

Quindi, tentarono di fuggire di nuovo, questa volta risalendo il fiume, ma in quella direzione ci sono garimpeiros installati nel Rio Catrimani, costituendo un ostacolo. Gli indios adesso sono accerchiati. Per questo sto parlando per difendere gli Moxihatetea. Ma io non conosco le loro case, così come voi non le conoscete. Le ho viste solo dal cielo, da un aereo. Non ci sono mai andato a piedi. Non abbiamo mai parlato. Per questo sono molto preoccupato. E’ probabile che tra poco vengano sterminati. Questo è quello che penso. I garimpeiros certamente li uccideranno con i loro fucili e le loro malattie, la loro malaria e la loro polmonite. Gl indigeni non hanno vacini di protezioni, scompariranno tutti.

E non ci sono solo loro nella terra-foresta Yanomami. Più in là, nella regione di Erico, vivono altri popoli isolati. Sono come i Moxihatetea. E anche sull’altra sponda del Rio Catrimani, a valle, dove nasce il Rio Xeriuini, ci sono altri isolati. Anche in un affluente del rio Arca, nel centro. E’ per questo che lottiamo per loro. Siamo molto preoccupati per quello che gli potrebbe accadere. Ci sono altri isolati nella foresta nei paraggi dei Waimiri-Atroari e ce ne sono altri in tutta l’Amazzonia! Vivono così da molto tempo e vogliono continuare a vivere così! Sono loro che si occupano veramente della foresta. Sono i Moxihatetea e tutti i popoli isolati dell’Amazzonia che si prendono cura dell’ultima foresta. Ma i bianchi non lo sanno, perché non capiscono la lingua di questi popoli. Loro pensano soltanto: “Cosa fanno qui?” E con i bianchi arrivano anche le loro epidemie.

 

E’ per questo che penso: “Cosa fanno i Grandi Uomini [le autorità] dei bianchi? Non ci vogliono lasciar vivere in pace e in buona salute? Ci odiano davvero?” E’ evidente che ci considerano come nemici, perché siamo altre persone, siamo gli abitanti della foresta. Siamo stati cresciuti nella foresta dell’Amazzonia, nel Brasile, e per questo i bianchi non ci conoscono. Si accontentano di attaccare e distruggere senza ritegno la nostra foresta. Non è terra loro, ma hanno stabilito che gli appartiene. Pensano: “Questa foesta è nostra. Andiamo a prenderci l’oro del suolo, tagliare gli alberi e andiamo a stabilire qui altri bianchi che hanno bisogno di terra, gli allevatori, i coloni, e quindi facciamola finita con gli Yanomami”. Non solo ciò che pensano, è proprio ciò che dicono!

 

Il nuovo presidente del Brasile – non voglio neppure menzionare il suo nome – non voglio neppure dirgli: “Lei è il presidente, lei deve proteggerci!” So già cossa dice questo presidente: “Che vengano tutti i bianchi che vogliono soldi, gli allevatori, i taglialegna, i cercatori d’oro e anche i coloni. Gli darò questa foresta, per farla finita con questi Yanomami, tutti, così che i bianchi possano divenirne i proprietari. E’ terra nostra! Io sono l’unico padrone di questa terra!” Queste sono le sue parole. Sono queste le parole di quello che si considera il grande uomo del Brasile e si definisce Presidente della Repubblica. E’ quello che veramente dice: “Io sono il proprietario di questa foresta, di questi fiumo, di questo sottosuolo, dei minerali, dell’oro e altre pietre preziose! Tutto mi appartiene, quindi, andate a prendere tutto e portatelo in città. Tutto diventerà merce!”

 

È quello che pensano i bianchi ed è con queste parole che hanno sempre distrutto la foresta. Ma oggi stanno esaurendo quel poco che resta. Hanno già distrutto i nostri sentieri, sporcato i nostri fiumi, avvelenato il pesce, bruciato gli alberi e gli animali che cacciamo. Ci uccidono anche con le loro epidemie. Alcuni bianchi sono solidali con noi, ma non i loro Grandi Uomini, che dicono che siamo animali. Dicono: "Sono scimmie, maiali selvatici!". Tuttavia, sono questi uomini che non sanno pensare. Non sanno lavorare nella foresta, non conoscono il suo potere di fertilità “në rope”. Vanno da un posto all’atro, distruggendo. Vogliono solo conoscere la foresta dall'alto delle loro macchine satellitari, che escono dalle città e guardano d’un solo colpo gli alberi, le nostre case, i fiumi, le colline, la bellezza della foresta. Dopo di che chiamano gli altri: “Sì, venite qui. Tutti noi brasiliani porteremo via i beni preziosi! Accumuleremo tutto questo nelle città! Diventeremo davvero il Popolo della Merce! Non saremo più poveri, avremo molti beni! ”. Questo è quello che dicono tra di loro. Questo è quello che volevo raccontare qui. Queste persone sono indifferenti alle parole di coloro che difendono gli Yanomami. Nonostante questo, voglio inviare quel messaggio.

 

Vorrei che i Diritti Umani delle Nazioni Unite potessero guardarci e darci un sostegno molto forte affinché le autorità brasiliane - i politici dei comuni, degli stati e della capitale - tutti questi bianchi nelle città, ci rispettino e non ci molestino più. Che possano comprendere e riconoscere i diritti degli esseri umani, proprio come fanno le Nazioni Unite. I Diritti Umani delle Nazioni Unite sono costruiti per difendere coloro che soffrono. Quindi, vorrei che le Nazioni Unite facessero un buon lavoro, denunciando con forza ciò che ci sta accadendo, in modo che le autorità del Brasile rispettino gli Yanomami, i popoli isolati e tutti i popoli ancora non riconosciuti.

 

La mia gente ha il diritto di vivere in pace e in buona salute, perché vive nella propria casa. Siamo a casa nella foresta! I bianchi non possono distruggere la nostra casa, altrimenti non finirà bene per il mondo. Ci prendiamo cura della foresta per tutti, non solo per gli Yanomami e le popolazioni isolate. Lavoriamo con i nostri sciamani, che conoscono bene queste cose, che hanno una saggezza che ha diretto contatto con la terra. Le Nazioni Unite devono parlare con le autorità brasiliane per rimuovere – immediatamente - i cercatori d’oro d'oro che circondano gli isolati e tutti gli altri nella nostra foresta.

 

Traduzione dallo Yanomami di Bruce Albert, antropologo, Laura Greenhalg e Manuela C da Cunha

 

Traduzione dal portoghese di Stefano Rota

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